La socializzazione è una caratteristica molto importante sia del processo di educazione canina sia nel complesso di relazioni che si vengono a determinare fra l’uomo e l’animale. Con tale termine si descrive infatti il complesso di dinamiche attraverso le quali il cane impara a conoscere il mondo che lo circonda.
Un cucciolo durante la sua crescita deve fare esperienza rapportandosi con altri cani, con diverse specie di animali domestici e non, con gli esseri umani, ma anche relazionandosi con i diversi ambienti nei quali si troverà a essere collocato. Questo passaggio, pertanto, è fondamentale per consentire al cane di integrarsi correttamente nella società, sia quella umana che quella canina.
L’obiettivo della socializzazione, allora, deve essere quello di consentire che l’animale acquisisca le competenze necessaria per interagire correttamente con il proprio interlocutore, in modo tale da possedere gli strumenti adeguati per affrontare una determinata situazione.
Un cane che non ha introiettato correttamente le varie fasi di questo processo potrebbe essere in difficoltà nello stabilire dei giusti rapporti sociali con gli altri cani. La sua difficoltà nell’esprimersi correttamente, oltre ad aggravare il suo disagio, potrebbe infatti mettere in difficoltà gli altri cani che, non riuscendo a comprendere i messaggi veicolati verso di loro, saranno portati a reagire in modo non consono.
È importante sottolineare che socializzazione non vuole essere sinonimo di socievolezza. La socievolezza, infatti, è una caratteristica individuale dell’essere che riguarda sostanzialmente il piacere e il divertimento che l’individuo prova nell’interagire con gli altri. La socializzazione, invece, è il complesso di dinamiche educative e di sviluppo cui si accennava poc’anzi. Avere un cane correttamente socializzato dunque significa possedere un cane che è capace di affrontare qualunque tipo di interazione in modo adeguato.
In ogni caso, entrambi i fattori sono fondamentali quando parliamo di interazioni fra cani: infatti non basta essere in grado di comunicare correttamente per stare bene in una determinata situazione, ma bisogna anche aver predisposizione e voglia affinché si verifichi l’interazione. Se il nostro cane, per tutta una serie di motivi, non ha piacere a interagire con gli altri (o con una determinata categoria di altri individui), dovremo lavorare per fargli acquisire tutti gli strumenti comunicativi possibili affinché sappia come comunicare con loro, ma dovremo anche rispettare il suo bisogno di riservatezza senza forzarlo a comportamenti per lui innaturali.
Il processo di socializzazione nei confronti degli altri cani inizia dopo quattro settimane di vita ed è la fase più sensibile della sua formazione caratteriale. Esso dura fino ai due anni, sebbene anche esperienze successive possano modificare i rapporti con i conspecifici. Durante questo percorso saranno sia la madre (insieme agli altri cuccioli) che la futura famiglia (i possessori dell’animale) i responsabili del corretto sviluppo del cane. Durante il secondo mese di vita la madre, insieme ai fratelli, inizierà ad insegnare al cucciolo come riconoscere gli altri cani attraverso i sensi e a fornirgli le prime basi sulle modalità attraverso le quali sapere stare insieme con gli altri. Per questo motivo e mille altri ancora non bisogna mai dividere i cuccioli dalla madre prima dei due mesi. Passate queste prime settimane, sarà compito dell’essere umano fare da tutore al cucciolo e continuare sul percorso tracciato dalla madre, permettendogli di fare esperienze con altri cani.
In quest’ottica, però, una cosa importante sarà conoscere bene le ulteriori fasi evolutive del cucciolo. Durante i primi due anni di vita, infatti, un cane attraversa diversi periodi sensibili che terminano con la post-adolescenza.
Ogni periodo è caratterizzato dal diverso valore che dall’individuo viene attribuito ai conspecifici. Se da cucciolo (2-6 mesi) tutti i cani che incontra sono interessanti, da conoscere e esseri curiosi con cui giocare, verso un anno (raggiungimento della maturità sessuale) potrebbero emergere i primi conflitti. Cercare di coinvolgere il nostro cane in situazioni sociali positive che gli consentano di confrontarsi con cani di età e caratteri diversi gli permetterà pertanto di ampliare il suo vocabolario comunicativo e il suo bagaglio esperienziale.
Capita, tuttavia, che per quanto attenti e ligi siano i proprietari, possa avvenire un incontro spiacevole, vuoi a causa dell’altro cane non del tutto equilibrato, vuoi a causa del testosterone adolescenziale, o ancora per altre caratteristiche soggettive particolari. L’errore da non commettere in questi casi sarà quello di lasciarsi spaventare da un singolo episodio e smettere di far incontrare al nostro amico altri cani (o altre categorie di cani, come i maschi). Evitare l’incontro accorciando il guinzaglio, cambiando strada, agitandoci o prendendolo in braccio, infatti, può essere una soluzione efficace sul momento, ma può tradursi in un serio problema sul lungo periodo. Evitare sistematicamente che il cane interagisca con gli altri, infatti, non risolve il problema, anzi, lo peggiora: tutto ciò produce un circolo vizioso in cui più si limitano i momenti di interazione con i conspecifici, più aumenterà la diffidenza dell’individuo nei loro confronti e, di conseguenza, ciò potrebbe spingere a diminuire sempre di più gli incontri. La reazione scomposta del proprietario, infatti, non farà altro che rafforzare l’idea che quei cani siano realmente una minaccia per sé e per la propria famiglia, e che per questo debbano essere tenuti lontani.